domenica, dicembre 31, 2006

Sul discreto e continuo

La filosofia matematica è così affascinante e armoniosa in quanto permette - spesso - molto più rispetto alla realtà fisica-oggettiva che ci circonda. La possibilità di concepire infiniti numeri tra l'1 e il 2 è di per sè già un'esperienza affascinante.
In effetti il numero 1 e il numero 1099 cos'hanno davvero di differente? Non sono comunque due numeri? 1099 è molto grande? Ma grande rispetto a cosa?
Potrei sostenere che anche 1 è molto grande... rispetto a 10-99 o a 0.000000000000000000001!

La realtà fisica, con le osservazioni, le misurazioni e gli esperimenti, ci impone d'altro canto una serie di limiti. Nella fisica "reale" usiamo la matematica e i numeri per descrivere e analizzare tutta una serie di fenomeni. Questo modo di operare può evidentemente portare a "piccoli" paradossi o incongruenze. L'affascinante mistero della natura dimostra quanto la matematica deve essere utilizzata con cautela quando dalla teoria-matematica si passa alla metematica-applicata.

La porzione di universo che riusciamo a vedere e - in qualche modo - a misurare, sembra avere sia un carattere discreto sia un carattere relativo. Il carattere relativo è dato dal fatto che due masse differente (ad esempio 1 e 1099) mostrano caratteristiche fisiche - misurabili - palesemente differenti.
Una grande massa, come quella solare, produce in modo assai evidente distorsioni spazio-temporali nettamente più importanti rispetto alla massa della nostra Luna. Ma l'universo, nella sua immensità, come fa a saperlo? Se l'universo è davvero infinito, la massa del sole sarebbe un "numero" al pari della massa della Luna! Essi sarebbero quindi due numeri del tutto identici, in quanto quale sarebbe il metro (o la scala) per stabilire che il Sole (1099) è più importante della Luna (1)?

In altre parole, potrebbe esistere ad esempio un pianeta simile alla Terra ma un miliardo di volte più grande?

Quello che sembra curioso è che le dimensioni della Terra, del nostro sistema solare, di noi stessi, non sono state scelte a caso. O meglio, sono relative a qualcosa.

Un'indizio in tal senso potrebbe celarsi nel limite - imposto dalla relativià ristretta di Einstein - della velocità della luce c. Filosoficamente parlando il limite della velocità della luce è un argomento interessantissimo. La prima domanda che mi sorge spontanea è: perchè la luce viaggià a - quasi - 300.000 Km al secondo? Perchè non 600.000 o 100.000? Non mi colpisce tanto il suo limite, ma il valore!

Se poi ci concentriamo sul limite, questo ha risvolti ancora più sconcertanti. Lasciamo quindi perdere il valore in se stesso e concentriamoci sulla proprietà che la velocità della luce sia enorme (relativamente a noi umani) ma finita.

L'universo nel suo "infinito essere" potrebbe contemplare infinite forme di vita con diverse unità di misura. A volte ho immaginato la possibilità che esista una civiltà aliena che si differenzi da noi nelle dimesioni. Immaginate un essere alieno con un braccio lungo come il raggio della nostra galassia, la Via Lattea!

La fantascienza potrebbe prevederlo ma la relativtà gli renderebbe la vita difficile!

Per capirci meglio, cosa accadrebbe ad un asta di ferro, o di qualunque altro materiale, lunga 600.000 chilometri? Guardate la figura qui sotto



Abbiamo un asta circolare, la cui lunghezza è di 600.000 chilometri. Trascurando per un attimo se sia possibile o meno ottenere un asta del genere (potrebbe implodere a causa del peso della sua stessa massa...?) il fatto curioso è che se spingessi l'asta nella direzione della freccia ci vorrebbero almeno due secondi prima che la parte opposta dell'asta si muova anch'essa nella direzione della freccia! Perchè? Essendo l'asta lunga due volte la distanza che la luce percorre in un secondo e visto che nulla può viaggiare più veloce della luce, significa che l'informazione di spostamente da un capo all'altro dell'asta deve impiegare (viaggiando alla massima velocità) almeno due secondi, se non qualcosina in più; visto che 300.000 Km/s è la velocità della luce nel vuoto e non all'interno di un materiale.

Inoltre l'integrità dell'intera asta sarebbe costantemente in pericolo, visto che la coesione molecolare interna comunica al massimo a velocità c!

Quest'aspetto della realtà fisica è quantomeno cursioso in relazione al alcuni enunciati matematici del tipo: sia dato un segmente lungo quanto si vuole! Nella relatà sappiamo che un'asta non può essere lunga quanto si vuole, non riusciremmo nemmeno a costruirla e se proviamo ad immaginarla ecco che la relatività ristretta ci apre scenari inquietanti!

Qualcuno potrà sostenere che non c'entra nulla il segmento matematico con l'asta! E avrebbe ragione. La mia era una pura riflessione, senza nessuna pretesa.

Mi interessa, invece, il concetto di "limite", non matematico ma fisico. È interessante il perchè di questo limite! Il valore di c è forse un messaggio da parte della natura che stiamo trascurando? Quanti altri limiti esistono? Per esempio la temperatura ha un'evidente limite inferiore, che corrisponde alla stasi completa molecolare (lo zero assoluto della scala Kelvin, che corrisponde a -273,15 °C "nasconde un raffreddamento inaccessibile! Ci vorrebbero sforzi infiniti per raffreddare un corpo esattamente a zero gradi Kelvin" [Jean-Pierre Luminet e Marc Lachièze-Rey, Finito o infinito? Limiti ed enigmi dell'Universo - Raffaello Cortina Editore] ). Mentre posso anche pensare di fornire sempre più energia ad un corpo, facendo muovere i suoi atomi sempre più velocemente (ma anche qui questa velocità al massimo sarà c?!) non posso raffreddarlo all'infinito. Arriverò ad un punto dove gli atomi sono immobili e una cosa ferma non la si può fermare di più! Ecco che infinito e infinito s'incontrano di nuovo, da un lato e dall'altro!

giovedì, dicembre 21, 2006

Massa e spazio

La gravità è un fenomeno davvero affascinante! Insieme al Tempo rappresenta un vero mistero per la comprensione umana.

La massa, intesa come presenza di materia, influeisce sullo spazio?

Se così non fosse la gravità - ad esempio - non potrebbe manifestersi. È interessante notare che a parità di quantita di massa, ovvero di quantità di materia (energia), la sua distribuzione nello spazio (la sua desità per intenderci) influisca in modo così evidente sullo spazio stesso, e di conseguenza sulla massa stessa!

Questo - in effetti - è una delle cose che ci insegna la releatività generale di Einstein.
Il punto affascinate è che la materia non può essere distribuita arbitrariamente nello spazio. Enormi quantità di massa localizzate in relative piccole porzioni di spazio determinano curvature dello spazio stesso così da provocare quella che noi percepiamo come gravità!
La Terra, su cui viviamo per gentile concessione, è uno straordinario esempio di questo curioso comportamento. La massa del nostro pianeta, inafatti, è concentrata in una spazio troppo ridotto, tale da produrre la gravità che ci tiene attaccati al terreno.

Se la massa della Terra fosse distribuita in una regione di spazio più ampia, l'intensità e gli effetti gravitazioni sarebbe differenti!

Chissà perchè - poi - la gravità si presenta come accelerazione, e non come velocità costante?

Sembra come se la massa tendesse ad espandersi e contemporaneamente lo spazio (tempo) tendesse a reprimerla.

Guardando il nostro pianeta dovremmo cominciare a pensare che non sia effettivamente lui a generare la gravità, ma lo spazio-vuoto circostante a cercare di riprendersi uno spazio che gli è stato tolto!

Inoltre, più concentriamo una massa, più questa cambia il suo aspetto (riscaldandosi ad esempio). Il centro del nostro pianeta è caldo proprio per questo motivo. Milioni di metri cubi di materia sono stipati in uno spazio così ridotto da produrre un'energia talmente alta da fondere roccia e metalli.
Sembra - in effetti - che la materia occupi davvero qualcosa, per noi ancora non compreso pienamente. A parità di spazio (quello che noi consideriamo spazio vuoto, ma che vuoto davvero non è), più quantità di materia-energia comprimo in questo spazio, maggiori saranno gli effetti gravitazioni (sullo spazio circostante) e gli effetti sulla materia stessa (riscaldamento). Si ha quindi l'impressione che esista una quota di spazio libero che la materia può occupare. Più quota consumo (comprimendo la materia) più lo spazio mi sottolinea questo consumo. Maggiore è la densità della materia in relazione ad una stessa porzione di spazio e maggiori saranno gli effetti di tale insieme.

Facendo forse un parallelismo poco azzeccato, immaginiamo lo spazio-vuoto come l'acqua in un secchio. Se introduco una palla nel secchio, il livello dell'acqua sale, in quanto la palla ha occupato quello spazio prima destinato all'acqua.

A livello subatomico la maggiornaza della materia con cui abbiamo a che fare tutti i giorni può essere paraganata ad una spugna. In pratica, anche se alle nostre dimensioni un sasso sembra occupare tutto lo spazio del suo volume, scendendo nel dettaglio si vedrebbero al suo interno porzioni di spazio-vuoto. Immergendo infatti una spugna nel nostro secchio di prima, il livello dell'acqua salirebbe molto meno, in quanto la spugna - ai nostri occhi - occupa un volume inferiore, e quello che vediamo dall'esterno è un volume apparente.

La densità di materia (quantità di materia in rapporto ad un determinato spazio) è quindi un'elemento importantissimo nella comprensione dei meccanismi che sottointendo la gravità.

martedì, settembre 26, 2006

Conseguenze di una possibile definizione di istante

Come già accennavo in "Sul tempo..." immaginiamo di fare questa congettura: definiamo "ora" o istante, come l'insieme totale degli stati dell'universo.

Se ogni istante corrisponde ad un insieme ben preciso di stati (posizione, velocità e temperatura di tutte le infinite particelle, ecc...), eleviamo questa congettura a definizione di istante.
Se crediamo in tale definizione, incontriamo una serie di difficoltà nel concepire un "viaggio" a ritroso nel tempo.

Facciamo un esempio. Fra N minuti sostengo di essere in grado di tornare ad "ora"! Quello che accadrebbe, per identificare fra N minuti nuovamente "ora", e di ritrovarmi esattamente come sono "ora", mentre scrivo, quindi totalmente inconsapevole di essere - per così dire - tornato indietro.
Se infatti fossi consapevole di essere effettivamente tornato indietro nel tempo, contraddirei la definizione di istante data sopra. Essendo consapevole di essere tornato indietro nel tempo non potrei mantenere lo stesso insieme di stati dell'universo, in quanto io mi troverei in una condizione diversa - per non dire privilegiata - rispetto alla precedente, quando ancora non ero tornato indietro!

In pratica noi identifichiamo un istante come insieme di stati. Ne deriva che questo insieme di stai corrisponde ad un instante ben preciso, non uno qualsiasi. Qualsiasi variazione (nel tempo...), anche minima, nell'insieme di stati, corrisponde quindi ad un diverso istante, se volete precedente o successivo volendo mantenere una visione familiare.

Se non riuscissimo a misurare o percepire variazioni nell'insieme di stati dell'universo il tempo scomparirebbe, compreso il tempo soggettivo percepito da ognuno di noi, essendo noi stessi parte degli stati dell'universo.

In definitiva se un istante deve corrispondere ad un ben definito insieme di stati per essere riconosciuto tale, risulta evidente che qualsiasi variazione a tali stati non potrà corrispondere a quell'istante.

La cosa interessante è che se per assurdo mi trovassi nel diciottesimo secolo, rendendome conto dalla realtà che mi circonda, dovrei sospettare che non sia il diciottesimo secolo da me conosciuto, ma un'altro stato simile al diciottesimo secolo!

Per meglio dire, potremmo sospettare che si sia riprodotta - casualmente - una configurazione degli stati dell'universo simile a una registrata in precedenza, con una sola piccollissima differenza; noi stessi che siamo "tornati" indietro. Tornare esattamente ad un istante passato, data la definizioe sopra, non ha senso. Registrare una configurazione degli stati dell'universo simile ad una già registrata del 99,99999999999999999999999999999999% è quello che più si avvicina ad un viaggio a ritroso nel tempo!

In quello che noi identifichiamo normalmente con futuro, invece, le cose diventano più semplici, in quanto non possiamo prevedere nei dettagli l'insieme degli stati dell'universo fra N istanti (nonostante questa sia un'aspirazione della scienza in generale).
Forse è proprio per questo motivo che esiste una freccia del tempo!
Siamo noi stessi a determinare parte dello stato dell'universo fra N istanti con le nostre scelte, sempre che crediate nel libero arbitrio. Nel caso contrario, futuro e passato si equivalgono, quantomeno nella loro immutabilità di stati. Non siamo in grado di ri-sistemare gli stati dell'intero universo in modo da "simulare" un ritorno nel passato. Per chi fa affidamento al libero arbitrio, tende a pensare di poter modificare almeno una parte di questi stati con le proprie scelte.

lunedì, settembre 25, 2006

Domande sulle dimesioni temporali

Se lo spazio ha tre dimensioni perchè il tempo dovrebbe averne solo una?

Se invece di invecchiare ci allargassimo ogni secondo che passa, questo muterebbe la nostra concezione del tempo?

L'ultimo Teorema di Fermat

Pierre de Fermat fu un matematico - spesso indicato come dilettante, nel senso che non esercitava da proferssionista riconosciuto, al tempo - che deve la sua notorietà al grande pubblico ad un teorema (l'ultimo, appunto - indicato con UTF) che non dimostrò mai. Lasciò, infatti, scritto: "Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina".

Questa memorabile "indicazione" ha tormentato i matematici di mezzo mondo per oltre 300 anni!

Finalmente nel 1995, dopo vari falsi allarmi di una soluzoine disseminati nei secoli, Andrew Wiles, un professore di matematica britannico, dopo aver dedicato una vita intera alla soluzione di questo "mistero", riuscì alla fine nell'ardua impresa di dimostrare l'ultimo teorema di Fermat.

Nessuno qui vuole mettere in dubbio la dimostrazione di Wiles, oggi ufficialmente riconosciuta dall'establishment matematico, nonchè citata nella maggior parte dei testi del settore. Vorrei invece porre all'attenzione due espetti imprtanti che riguardano questa vicenda:

  1. La dimostrazione di Wiles utilizza strumenti matematici di ultima generazione, certamente sconosciuti al simpatico Fermat
  2. Il prof. Andra Ossicini, un matematico italiano, da tempo rivendica quantomeno l'attenzione sulla sua dimostrazione dell'UTF. Dimostrazione che si ispira più a Eulero e alle conoscenze dell'epoca che a strane curve ellittiche!
In praticolare siamo certi che un teorema possa essere dimostrato in più modi, e quindi ribadisco che non si mette in dubbio l'autenticità della dimostrazione di Wiles.
Quello che invece è triste, se non sconcertante, è il silenzio assoluto sull'opera del prof. Andrea Ossicini.

Chiamatelo appello, se volete, ma lascia comunque da pensare!

giovedì, settembre 14, 2006

Siamo tutti "viaggiatori nel tempo"

Se ci chiediamo cosa possa significare "viaggiare nel tempo" possiamo averne un'idea riflettendo sul fatto che la nostra esistenza, la nostra vita, è di per se un viaggio nel tempo.
Ogni istante è per noi un viaggio, in una direzione ben precisa verso quello che identifichiamo come futuro, ma sempre viaggio. Tutto sommato è come trovarsi su un treno che non fa fermate e dal quale non possiamo scendere. "Adesso" passa e si trasforma in "passato", come lo scenario visto dal finestrino di un treno-temporale-immaginario.
Curioso...

martedì, settembre 12, 2006

Quarta dimensione: il Tempo

Il Tempo, questo sconsciuto, viene considerato come una dimensione ulteriore da aggiungere al nostro sistema di riferimento tridimensionale. Mi chiedo se ciò è effettivamente corretto ai fini di una reale comprensione di questa strana cosa che noi chiamiamo Tempo.

La teoria della relatività ristretta, ad esempio, ha dimostrato due cose:

  1. Il Tempo assoluto - di Newton - non esiste!
  2. Velocità paragonabili a quella della luce influenzano sia la metrica dello spazio tridimensionale che la "metrica" del tempo!

Per le nostre percezioni, se non di comprensione, lo spazio tridimensionale risulta più facilmente assimilabile e apparentemente comprensibile alla nostra mente. Abbiamo continuamente a che fare con lo spazio tridimensionale. Esso rappresenta il nostro habitat naturale, lo possiamo vedere, misurare, possiamo percorrere un tratto di spazio e tornare indietro sui nostri passi - cosa meravigliosa se ci si riflette un momento. Abbiamo, dunque, un ampio raggio d'azione per eseguire prove ed esperimenti su questo tessuto tridimensionale.

Chissà se la natura ha potuto scegliere il numero delle dimensioni spaziali?

Questa semplice concezione di spazio risulta quindi familiare, nonostante, ad un esame attento e profondo, nasconde - secondo me - concetti più profondi che tutt'ora ci sfuggono. Lavori sulla metrica e su spazi con più o meno dimensioni sono stati svolti da celebri matematici e fisici, addirittura in periodi storici ben lontani dalle applicazioni pratiche: infatti alcuni di questi lavori, come quelli del matematico Reimann, sono stati praticamenti riscoperti anni, se non secoli, dopo la loro pubblicazione.

Ciò che risulta davvero affascinante nel tempo è la sua proprietà di "memoria". Quella proprietà fondamentale che ci permette di distinguere tra "passato" e "futuro". Ciò che risulta evidente è la capacità del tempo di memorizzare un evento è continuare a spalmarlo in quello che noi identifichiamo con "futuro".

Perchè devo aspettare per riscaldare un bricco d'acqua? Perchè ci siamo abituati. Sappiamo che dobbiamo fornire sempre più energia al bricco, e ciò ci risulta ovvio in quanto diamo per scontato che "ora" il bricco è più "caldo" rispetto a "prima". Il calore di "adesso" è uguale al calore di "prima" più quello di "ancor prima" e così via. Ogni istante "presente" contiene se stesso e il precedente. Ricorda, grossolanamente, una somma numerica. Forse nemmeno troppo grossolanamente se consideriamo - in quest'ottica - che "5" non potrebbe esistere se non esistesse il "4", e così via.

Prendo un foglio di carta bianco ed inizio a scrivere il mio nome. Quando ho finito ho un quadro del "tempo". Vedo la "somma" di ciò che ho fatto "prima" e "ancor prima".

E' fuori dubbio che il mio "ora" è la somma dei miei "prima" e "allora". In questa visione non riesco ad identificare il tempo come una quarta dimensione. Questa caratteristica di "somma" non è visibile nelle tre dimensioni ordinarie, ad esempio. Come posso alterare uno spazio? Lo spazio ha memoria di se stesso?

Se ad esempio prendiamo un asse del nostro spazio tridimensionale, l'asse x. Ha veramente senso parlare di (x-n) come precedente a (x+n)? In altre parole che ne sa x dell'esistenza di (x-n) o (x+n)? Con il tempo - reletivamente alla nostra esperianza - posso dire certamente che "ora" sa benissimo dell'esistenza di "prima"! Al limite si può dubitare del "dopo"!

Nel "tempo" - invece - esiste una "freccia" che indica una pseudo-direzione! Essa sembra quasi ovvia, risulta chiaro che per lo spazio una "freccia" è sempre relativa. Ciò che è alla mia "destra" potrebbe essere alla tua "sinistra", quindi ciò che per me viene spazialmente "dopo" per te potrebbe venire spazialmente "prima".

Siamo, invece, tutti d'accordo - reletivamente al nostro mondo o porzione di universo - su ciò che viene "prima" e su ciò che viene "dopo" - esclusa la relatività ristretta ovviamente (non siamo in moto uniforme). Non esistono palesi conflitti in questo. Inoltre ciò che faccio "ora" avrà conseguenze su ciò che identifico con "dopo". Lo spazio sembra non possedere tale caratteristica, non viene influenzato in modo permanente da nulla.

Sul Tempo...

Vorrei dare una definizione di "ora" in modo generico ed astratto, in qualche modo.
Potremmo definire come "ora" l'insieme totale degli stati dell'universo.

Tutto ciò che osserviamo è in continuo mutamento, a livello macroscopico e a livello subatomico. Ebbene, se fotografiamo mentalmente un stato, o un'insieme di stati, quello è un'istante. Se riuscissimo a riportare tutte le particelle ad uno stato ben definito avremme ingannato - per così dire - il tempo.

Infatti cos'è effettivamente per noi lo scorrere del tempo se non la misura indiretta di cambiamenti di stato. Se non esistessero cambiamenti di stato sarebbe impossibile misurare o osservare lo scorrere del tempo.

Tuttavia rimane il "tempo intuitivo", la sensazione personale dello scorrere del tempo.

Esistono quindi due tipi di tempo? Un tempo "T" intuitivo e un tempo "t" relativo a misurazioni indirette, quello utilizzato nella fisica per intenderci?

sabato, agosto 12, 2006

Onda su onda...

Volevo sottolineare una cosa - a mio avviso - importante, riguardo il dualismo onda-particella.
Tutti conoscono l'esperimento mentale legato alla giovinezza di Einstein, quando si chiedeva che cosa avrebbe visto se fosse riuscito a correre abbastanza veloce da raggiungere la velocità della luce. Ebbene, questa visione ha una sua importanza che va oltre la dichiarazione successiva della relatività ristretta.
La questione fondamentale è che viaggiando alla velocità della luce, se mai fosse realizzabile, l'onda luminosa non ci apparirebbe più come tale. Prima di tutto non potrebbe oscillare, nello stesso modo in cui un surfista riesce a montare su un onda del mare. Il surfista vede solo acqua-statica nel momento che si sincronizza con l'onda stessa. Diventa anch'esso parte dell'onda!

Questo è importante ai fini di una reale comprensione sia del dualismo onda-particella, sia del concetto di collasso di un'onda.

Sono sicuro che sono i semplici concetti a metterci sulla strada giusta. Quello che serve alla fisica moderna sono fari nella notte buia in grado di giudarci davvero verso una comprensione della natura.

mercoledì, luglio 26, 2006

Sono davvero possibili i viaggi nel tempo?

Riguardo la questione dei "viaggi nel tempo" dico solo una cosa: se non sappiamo davvero cosa sia il tempo questa domanda perde leggermente ogni significato!

martedì, febbraio 07, 2006

Termodinamica dei viaggi del tempo

A titolo esclusivamente speculativo volevo ragionare, insieme a Voi, su una questione particolarmente interessante riguardo a "possibili" viaggi nel tempo.
Non entro qui nei particolari tecnici della questione Viaggi nel Tempo, in quanto per il nostro ragionamento sono sufficienti semplici basi accessibili a tutti. Inoltre non intendo andare in contrasto con nessun esperimento (passato o recente, teorico o pratico) riguardo alla possibilità di Viaggi nel Tempo. Sono sicuro che molti di Voi sono a conoscenza di alcuni esperimenti dove sembra si sia riusciti a mandare nel "passato" una - cosidetta - particella.

Quello che invece vorrei affrontare è l'ipotesi di un possibile Viaggio nel Tempo (nell'accezione comune) e le sue conseguenze rispetto ad uno dei principi (ancora di salvezza per qualcuno) della Termodinamica.

Per i non adetti ai lavori cercherò di essere semplice ed efficace, e vedrete che tutto sarà - per quanto è possibile a noi miseri umani - chiaro.

PRINCIPI DELLA TERMODINAMICA
Come ho promesso non scenderò in tecnicismi inutili, tutto sommato qui basta il buon senso. L'universo dove esistiamo (o la porzione del sistema solare) è composto da una moltidudine di energie (radiazioni, masse di stelle, pianeti, stelle comete veloci come razzi, ecc...). Similmente ad un salvadanaio ci possiamo concentrare sulla tipologia delle sengole monete (di vario tipo e vario taglio) o sulla somma totale dei nostri averi. La Termodinamica, in modo assai acuto, sostiene che i soldi nel nostro salvadanaio non possono ne aumentare ne diminuire! Possono sì trasformarsi (invece che un biglietto da 5 soldi posso trovare 5 monete da un soldo l'una...), ma il totale non può cambiare, a meno di un intervento esterno che aggiunga o sottragga denaro!
(Totò soleva dire: "è la somma che fa il totale" alla fine).

LA QUESTIONE
Se apprezziamo quanto detto sopra, o lo riteniamo quantomeno accettabile, viene spontaneo chidersi se un ipotetico viaggio a ritroso nel tempo (anche di una singola particella) non crei qualche problema alla Termodinamica. In un dato istante, infatti, possiamo immaginare di calcolare l'Energia totale dell'Universo, o per semplicità di un sottoinsieme, un sistema isolato per intenderci. All'interno di questo sistema riteniamo valide le leggi della Termodinamica (come qui sulla Terra, ad esempio, o all'interno del nostro sistema solare). Possiamo eseguire tutta una serie di esperimenti per verificare che nel nostro sistema l'energia totale rimane invariata: sommando tutte le forme di energia facenti parte del nostro sistema.

Se "domani" inviassi ad "oggi" una particella (un elettrone o un sasso, se preferite) romperei questo equilibrio. Ad un tratto "apparirebbe" una "moneta" in più nel mio salvadanaio!

Tuttavia questo ragionamento è valido solo se per Viaggio nel tempo intendiamo sostanzialmente quel meccanismo, ipotetico (non esiste fenomeno naturale o esperimento che abbia mai identificato un fenome simile - ad oggi, almeno che io sappia), tramite il quale è possibile riavvolgere la nostra attuale realtà come un film cinematografico! Quello che voglio dire è che se il mio ora (quello che io percepisco come il mio adesso che digito sulla tastiera) è la destinazione di un viaggio a ritroso di una particella, dovrei vederla dinnazi a me ora!
Ne deriva che se così fosse dovrei rivalutare la Termodinamica, quantomeno una sua cruciale parte! Ammettere un viaggio nel tempo in questi termini appare, dunque, sconveniente.

Dualismo

Cos'è esattamente il cosidetto dualismo onda-particella ?
Siamo ancora meravigliati dal comportamento della natura quando affrontiamo, ad esempio, la questione della "luce" visibile.
Come può - "la luce" - comportarsi a volte come onda e a volte come particella?
Tanto per cominciare dovremmo riflettere seriamente sul significato di questa domanda. Partiamo quindi dal presupposto che siamo noi ad effettuare una misura sulla luce. Cioè siamo noi, tramite un esperimento, a rilevare a volte particelle e a volte onde!
In effetti non credo che qualcuno possa sostenere che è davvero la "luce" a comportarsi in un modo e poi in un'altro.
Ne deriva, quindi, che esistono due grandi famiglie di esperimenti: gli esperimenti P, che danno come risultato sempre particelle, e gli esperimenti O, che danno sempre onde.
E quindi? Direte voi! Cosa possiamo dedurre da tutto ciò?
Proseguiamo ragionando su tutto ciò che è certo (in qualche misura), senza farci portare fuori strada da qualche affermazione troppo spregiudicata.
Rimandendo con i "piedi per terra" viene spontaneo chiedersi cosa intendiamo per particella e cosa intendiamo per onda. A dire il vero, questa dovrebbe essere la prima e più importante domanda che dovremmo porci, relativamente a questa questione della dualità!

COS'È UN'ONDA
La natura è simpaticamente furbetta, a volte, e sembra giocare con noi stuzzicandoci con armoniose allusioni sparse qua e là.
Tutti sappiamo cos'è un'onda (fina a quando qualcuno non ce lo chiede), o forse sarebbe meglio dire che tutti noi sappiamo riconoscere un'onda. Nella pratica associamo eventi naturali o artificiali al concetto di onda. Risulta ovvio, ad esempio, che le "onde" del mare sono proprio onde! Cioè rientrano nella nostra associazione di onda. Lanciando un sasso al centro di un laghetto in quiete si formano delle onde. Tuttavia se durante una partita di calcio gli spettatori (sincronizzandosi con chi gli sta accanto) si alzano e abbassano, generano una simpatica aloa, ovvero un'onda.
Qualcuno potrebbe sostenere che l'aloa da stadio non è un'onda. Eppure - a me sembra - rifletta perfettamente quel concetto - quasi primordiale - di onda che ci appartiene.
Non credo, infatti, si possa ritenere che l'onda del laghetto sia "più onda" dell'aloa da stadio. Entrambe sono composte da particelle (molecole d'acqua per il laghetto, tifosi avvelenati per lo stadio) che sussultano in modo sincronizzato (per sincronizzato non intendo contemporaneamente, ma con un determinato ritmo...).
Un'ulteriore elemento importantissimo, che qui gioca un ruolo fondamentale, è il tempo. Entrambe le situazione (laghetto e stadio) sono valide se analizzate nel tempo. Una caratteristiche fondamentale per identificare un'onda è il suo mutare nel tempo.
In effetti se proviamo ad eliminare il tempo dai nostri ragionamenti la questione diventa un po' più complicata. Ad esempio possiamo immaginare di scattare una fotografia allo stadio, nel momento esatto che guardiamo la nostra aloa.
Sviluppata la fotografia dobbiamo preoccuparci di essere presenti quando la mostriamo ai nostri amici, sottolineando che quello che stanno vedendo è un'aloa e non alcune persone in piedi e altre sedute.
Nel medesimo modo proviamo a "congelare" (con un potente raggio di ghiaccio!!) il nostro laghetto, alcuni istanti dopo aver lanciato la nostra pietra nell'acqua. Un passante ignaro del nostro simpatico giochetto penserà di aver trovato una meravigliosa struttura naturale, fatta di dossi e avvallamenti.
In entrambi i casi, quando il tempo è stato rimosso, sembra esser stata rimossa amche l'onda sottesa!
Ne deriva, quindi, che il concetto di onda, o la nostra percezione di un'onda, è strettamente legato al concetto di tempo! Possiamo parlare di onde - d'acqua - prodotte in uno stagno, di onde - sonore - prodotte dalle vibrazione dell'aria, di onde elettromagnetiche, di aloe, di onde trasversali o onde longitudinali, di onde a bassa o altra fequenza, ecc... Tutte le loro - apparenti - differenze, però, hanno in comune quel meraviglioso e misterioso tessuto che è il tempo, senza il quale nulla sarebbe veramente reale o percepibile.

Il naturale passo successivo, quindi, sarebbe di occuparci del tempo. Cos'è esattamente il tempo? Altro che dualismo, questa si che è una bella domanda...

COS'È UNA PARTICELLA
Questo argomento non lo voglio affrontare. Primo, perchè sembra talmente ovvio cosa sia una particella che se ci ragioniamo perdiamo il senso anche di questo.
Secondo, stando al ragionamento sopra esposto, credo che non esistano davvero nemmeno le particelle, ma una sorta di ombra o di spettro creato da noi.

CONCLUSIONI - PER ORA
Viene da se, a mio avviso, che il dualismo onda-particella, spesso citato, è una mera illusione creata da noi stessi (o dagli esperimenti se preferite). Se abbiamo accettato l'idea che siamo noi ad eseguire degli esperimenti, nel tentativo di "vedere" la vera forma della luce, dobbiamo anche accettare l'idea che sono questi esperimenti a decidere se il risultato sarà "un'onda" o "una particella".
Sembra quasi scontato, dopo quanto abbiamo detto, che eliminando il tempo diventa impossibile visualizzare un'onda. In pratica tutti gli esperimenti che danno come risultato particelle hanno la proprietà di eliminare il tempo: vedi le scie lasciate dalle particelle su una lastra sensibile.
Tutti gli altri esperimenti che non eliminano il tempo, invece, produrranno effettivamente un'onda (o risultati compatibili con la teoria: vedi gli esperimenti sulla diffrazione o altri simili...